Dopo la raccolta di racconti Azkusticno izicanarenje , anche nel suo primo romanzo, Mandragora sull'orfanello , Jevtic non rinuncia al proprio stile che potremo definire «neo-barocco» - segreto, lirico, sempre ironico -, capace declinare il visionarismo più poetico con la gergalità del linguaggio contemporaneo.

Un'insolita mescolanza di idee "balzane" e di stile personalissimo sono la materia di cui sono intessute le sue trame sempre originali, altamente dense di metafore e di simboli, mai scontate. Allo stesso modo, il filo rosso che unisce i titoli dei suoi libri consegna al lettore il messaggio cifrato che è proprio con l'immaginazione che, al di là di ogni cliché del cosiddetto «realismo poetico», possiamo trasformare la vita nel luogo della concreta esperienza, quotidiana, dell'incanto e del sogno. Insomma, se ognuno di noi non smettesse di usare le due ali - l'amore e la fantasia - che a tutti ha regalato la vita, i confini tra realtà e finzione resterebbero per sempre indistinguibili. Questa, almeno, la "chiave di violino" dominante di cui risuona la "musica" di questa specie di Chagall serbo della parola.

Con allusione sin dal titolo alla speranza umana nel perpetuo volgere della Ruota della Fortuna, Mandragora sull'orfanello consta di 28 capitoli "ciclici", fitti di continui rimandi interni, che costituiscono l'impalcatura di una trama fittamente romanzesca, aggettante di continuo, come gli archi di una cattedrale gotica, sulle infinite sfaccettature di una interpretazione «a chiave», comunque aperta alla compartecipazione diretta e alla sensibilità più raffinata di chi legge. Illuminando i momenti della storia e i luoghi sociali più oscuri della Belgrado fra le due guerre, il romanzo trova nella «figura» della Mandragora - pianta dai poteri miracolosi e incarnazione dell'instancabile, eroica tensione umana all'eternità - il "talismano" che accompagna il lettore nei fitti meandri simbolici del testo, che si diverte a nascondere enigmi in ogni piega della narrazione, svelando la mendacità di ogni significato «letterale».

 


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